domenica 28 febbraio 2016

Nasce il Progetto ilizia - Gruppo di volontariato che già da 1 anno opera per l'AUTO AIUTO nella Depressione in Gravidanze e nel post PArtum


E finalmente Ieri ci siamo Costituite come GRUPPO di VOLONTARIATO legalmente riconosciuto!
Grazie a tutte le mamme che quotidianamente aiutano le altre mamme e un grazie di tutto cuore va alle mamme che hanno firmato per la costituzione del Progetto Ilizia, di cui metterò a breve a disposizione il link.
L'Auto aiuto è la prima attività ma in futuro ne faremo tante altre sempre per le mamme e i familiari in difficoltà!
Un super abbraccio,
Raffaella

venerdì 26 febbraio 2016

Trattamento Sanitario Obbligatorio per le Mamme in Depressione

Quando una mamma è affetta da Depressione in gravidanza o nel Post Partum e non vuole curarsi, se sta male, è necessario ricorrere al TSO!

Come funziona il TSO e cosa si può fare per difendersi? 
Compendio di informazioni utili a comprendere meglio come funziona il Trattamento Sanitario Obbligatorio in Italia, quali sono i diritti di una persona che subisce un TSO e come farli valere .

Cos'è il TSO?

TSO significa Trattamento Sanitario Obbligatorio , ovvero quando una persona viene sottoposta a cure mediche contro la sua volontà (legge del 23 dicembre 1978, articolo 34).
In pratica, tranne alcune rarissime eccezioni, si verifica solo in abito psichiatrico, attraverso il ricovero (forzato) presso i reparti di psichiatria degli ospedali pubblici ( SPDC - Servizi Psichiatrici di Diagnosi e Cura ).
Le leggi sul ricovero forzato sono state utilizzate in tutto il mondo per giustificare vari tipi di soprusi: finanziario, sessuale, politico, per profitto commerciale, eredità e addirittura per la sicurezza del governo. Come CCDU credamo che esse siano una privazione dei Diritti Umani e Costituzionali.
Nota: Da segnalare che, nel giugno 2012, il Tribunale Federale tedesco ha vietato il Trattamento Sanitario Obbligatorio in psichiatria. )

Le motivazioni del Trattamento Sanitario Obbligatorio 

La legge stabilisce che si può attuare il TSO a sole due condizioni:
  1. La persona necessita di cure (secondo i sanitari che l’hanno visitata) e
  2. le rifiuta.
Di fatto il TSO viene messo in atto quando la persona appare pericolosa per sé o per gli altri, in soggetti che manifestano minaccia di suicidio, minaccia o compimento di lesione a cose e persone, rifiuto di comunicare con conseguente isolamento, rifiuto di terapia, rifiuto di acqua e cibo.
Può accadere anche che una persona disturbata psichicamente, un tossicodipendente in crisi di astinenza, un alcoldipendente… assumano dei comportamenti imprevedibili o violenti.
In queste situazioni spesso i familiari conviventi o i vicini di casa, qualora la persona sia in terapia presso uno psichiatra, chiedono aiuto allo psichiatra del servizio, oppure nel caso la persona non lo fosse, chiamano direttamente l’ambulanza e/o i vigili o i carabinieri.
La legge stabilisce anche un'esatta procedura che deve essere seguita al fine di mettere in atto il TSO.

Chi dispone il tso

Il  Trattamento Sanitario Obbligatorio è disposto con provvedimento del Sindaco, nella sua qualità di autorità sanitaria, del Comune di residenza o del Comune dove la persona si trova momentaneamente.
Egli emana l’ordinanza di TSO solo in presenza di due certificazioni mediche che attestino che:
  1. la persona si trova in una situazione di alterazione tale da necessitare urgenti interventi terapeutici;
  2. gli interventi proposti vengono rifiutati;
  3. non è possibile adottare tempestive misure extraospedaliere.
Tutte e tre le condizioni devono essere presenti contemporaneamente e devono essere certificate da un primo medico, che può essere il medico di famiglia, ma anche un qualsiasi altro medico e convalidate da un secondo medico che deve appartenere alla struttura pubblica (generalmente uno psichiatra della ASL).
La legge non prevede che i due medici debbano essere psichiatri.
Le certificazioni oltre a contenere l’attestazione delle condizioni suddette che giustificano la proposta di TSO, devono motivare la situazione concreta: non devono limitarsi a enunciare le tre condizioni né si devono usare prestampati; in pratica la proposta di TSO deve essere (anche se in breve) motivata.
Ricevute le certificazioni mediche, il Sindaco ha 48 ore per disporre, tramite un’ordinanza, il TSO facendo accompagnare la persona dai vigili e dai sanitari presso un reparto psichiatrico di diagnosi e cura.
In un primo momento la persona viene invitata a seguire vigili e sanitari nel reparto ospedaliero, se si rifiuta viene prelevata con la forza, messa in ambulanza e trasferita al reparto ospedaliero. In teoria la legge fornisce il diritto alla persona di scegliere il reparto dove essere ricoverato.
Nessuno può essere trattenuto contro la sua volontà presso strutture sanitarie o nei reparti psichiatrici di diagnosi e cura a meno che non sia soggetto ad un  provvedimento di TSO.
Il Sindaco ha poi l’obbligo di inviare l’ordinanza di TSO al Giudice Tutelare (entro 48 ore successive al ricovero) per la convalida e il Giudice convalida il provvedimento entro le 48 ore successive (legge 180, art. 3 comma secondo).
Qualora manchi la convalida il TSO decade automaticamente. Il Giudice Tutelare può però anche non convalidare il provvedimento annullandolo.
Quasi mai l’ordinanza del TSO risulta firmata dal sindaco; di solito vi è un Ufficio preposto allo svolgimento della procedura del TSO e un assessore delegato (l’assessore alla sanità; in sua assenza uno qualunque gli altri assessori), che si limita a firmare l’ordinanza.
Il TSO ha per legge la durata di 7 giorni.
Al termine dei 7 giorni, qualora non sia stata presentata dallo psichiatra del servizio una richiesta di prolungamento, il trattamento termina e lo psichiatra, non per forza lo stesso che ha proposto e convalidato il TSO, è tenuto a comunicare al Sindaco la cessazione delle condizioni richieste per l’internamento.
Il Sindaco a sua volta lo comunica al Giudice Tutelare.
Qualora il trattamento venga prolungato, prima della scadenza dei 7 giorni deve essere comunicata al Sindaco una richiesta motivata di prolungamento. Entro 48 ore dal ricevimento della richiesta verrà firmata a nome del sindaco o del suo delegato l’ordinanza di prolungamento, provvedendo a notificarla al Giudice Tutelare nelle 48 ore successive. Il Giudice a questo punto convaliderà o meno il provvedimento e lo comunicherà al sindaco. Nel caso di proroga il paziente deve richiedere la notifica (= comunicazione) per evitare di rimanere chiuso in reparto, risultando ora un ricovero volontario.
Una volta venuto meno il TSO per scadenza dei termini la persona può chiedere di essere dimesso in ogni momento e tale richiesta deve essere esaudita .

Cosa avviene comunemente durante il ricovero: comuni violazioni della procedura

Durante il ricovero l’unica possibilità che ha la persona di sottrarsi al Trattamento Sanitario Obbligatorio è quella di accettare la terapia.
Capita però il provvedimento di ricovero forzato venga mantenuto, nonostante il paziente accetti la terapia.
Anche se la legge impone il ricovero forzato solo in casi eccezionali, come già esposto sopra, la realtà però è diversa:
  1. Con una certa frequenza i ricoveri coatti (=forzati) vengono fatti senza rispettare pienamente le normative, approfittando del fatto che quasi nessuno è a conoscenza delle leggi e dei diritti della persona ricoverata. Sovente il paziente viene lasciato all’oscuro del fatto che, allo scadere dei 7 giorni, può lasciare il reparto e così inconsapevolmente viene trattenuto in regime di TSV (Trattamento Sanitario Volontario).
  2. Ci sono poi pazienti che, quando si recano in reparto sotto TSV, vengono poi trattenuti in TSO nel momento in cui fanno la richiesta di uscire ed andarsene.
  3. Durante la settimana di TSO si assiste ad un terribile stato di debolezza, confusione, spersonalizzazione ed alienazione da parte del paziente che, oltre a subire un grande trauma, viene sottoposto a pesanti terapie psico-farmacologiche, che non fanno altro che annientarlo come individuo, renderlo “innocuo e docile” agli occhi degli operatori.
  4. Per il paziente che venga ritenuto “ribelle” si ricorre sia alla contenzione fisica che all’isolamento.
Poiché alcuni contestano che questi episodi avvengano o altrimenti affermano che si tratti di rarissimi episodi, in internet potete trovare molte storie che illustrano queste violazioni.

Diritti della persona durante il tso: come farli valere

Quando la persona viene ricoverata in Trattamento Sanitario Obbligatorio presso il servizio psichiatrico, i suoi diritti (primo tra tutti quello alla libertà di movimento e di scelta) vengono limitati ed è obbligata a subire passivamente i trattamenti a lei somministrati.
Ma una serie di diritti inalienabili vengono mantenuti:
  1. La persona può fare ricorso al Sindaco contro il TSO. Anche gli amici, i familiari, chiunque abbia a cuore la persona ha questa possibilità. La legge infatti dice espressamente che CHIUNQUE può fare ricorso. Ovviamente si può anche far intervenire un avvocato. Il Sindaco ha l’obbligo di rispondere entro 10 giorni (art. 33 legge 833/78). Se viene presentato il ricorso entro le 48 ore successive al ricovero, conviene farne pervenire una copia al Giudice Tutelare. Se la risposta è negativa, il paziente può presentare la richiesta di revoca direttamente al Tribunale (art. 35 legge 833/78), chiedendo contemporaneamente la sospensione immediata del TSO e delegando, per rappresentarlo in giudizio davanti al Tribunale, una sua persona di fiducia.
  2. Benché la persona non possa rifiutare le cure, questa ha il diritto di essere informata sulle terapie a cui viene sottoposta e di scegliere anche tra una serie di proposte alternative. Comunque, nel caso le terapie somministrate siano particolarmente invasive, sarebbe opportuno presentare al responsabile del reparto una dichiarazione di diffida ai sanitari nei confronti delle terapie che dalla persona vengono considerate lesive e può chiedere ed ottenere di inserire tale comunicazione all’interno della cartella clinica.
  3. Il TSO non giustifica necessariamente la contenzione; mai comunque la violenza fisica. Qualora venga usata la contenzione fisica, questa dovrebbe essere applicata solo in via eccezionale e per un periodo di tempo non superiore alla somministrazione della terapia. L’art 1 della legge 833 del 23 Dic 78 afferma che “la tutela fisica e psichica deve avvenire nel rispetto della dignità e libertà della persona”. L’utilizzo punitivo della contenzione, eventuali violenze verbali e fisiche degli operatori, fatti questi non ammissibili legalmente, sono reati perseguibili penalmente. In tal caso si può presentare una denuncia alla magistratura.
  4. Durante il TSO il paziente ha il sacrosanto diritto di comunicare con chi vuole, anche attraverso telefonate e non è ammissibile, da parte degli infermieri, selezionare le persone che loro ritengono autorizzate ad entrare nel reparto (art.33 legge 833/78)
  5. Terminato il periodo di TSO, non sono necessari né una firma per uscire dal reparto, né la presenza di qualcuno che venga a prendere il paziente, assumendosene la responsabilità, in quanto la persona che viene ricoverata in un reparto psichiatrico non è né incapace né interdetta e conserva tutti i diritti e doveri di chiunque altro. Quindi può chiedere di essere dimessa in qualsiasi momento (legge 180, legge Basaglia del 1978) e questa richiesta deve essere immediatamente esaudita, altrimenti ci si trova di fronte al reato di sequestro di persona. Il TSO decade anche nel caso in cui i medici o il Sindaco o il Giudice Tutelare non abbiano specificato nel provvedimento le motivazioni che hanno reso attuabile il Trattamento Sanitario Obbligatorio.
  6. Il paziente ha il diritto di comunicare nella sua cartella clinica tutte le informazioni concernenti il suo stato di salute e i trattamenti a cui viene sottoposto.
  7. Il paziente ha inoltre il diritto di sapere i nominativi e le qualifiche di chi opera nel reparto. Ogni infermiere deve avere sul camice un cartellino di riconoscimento.
Riferimenti esterni:
  1.  DeutschlandRadio Zwangsbehandlung in der Psychiatrie verboten 23.10.2012 "Trattamento obbligatorio in psichiatria vietato"  (in Germania)

giovedì 25 febbraio 2016

Nascita - Sarò mamma : Riconoscere e prevenire la depressione in gravidanza


La gravidanza rappresenta per la donna un periodo di profondi cambiamenti non solo fisici ma anche psicologici, tanto che alcune donne hanno difficoltà ad accettarne lo stato provando sentimenti contrastanti di felicità e paura, di preoccupazione per ciò che le attende. Si tratta di reazioni piuttosto diffuse e condivise che tuttavia non vengono sempre espresse dalla futura mamma nel timore di sentirsi diverse e giudicate inadeguate al loro futuro ruolo.
Molto importante in questo periodo è dare ascolto a ciò che si sente e prova dentro di sé, perché tristezza, sconforto e ansia possono facilmente trasformarsi in veri e propri sintomi di depressione.
Sono sentimenti e aspetti che non vanno sottovalutati poiché il mancato riconoscimento, e di conseguenza il non trattamento di questa sintomatologia, può arrivare a compromettere il decorso della gravidanza, con ricadute che vanno dalla scarsa cura di sé all’abuso di sostanze, fino al coinvolgimento dello sviluppo del feto e ai processi di attaccamento madre-neonato.

mercoledì 24 febbraio 2016

DISINTOSSICAZIONE DA PSICOFARMACI COME FARE? CHIEDIAMO AI CARABINIERI!


LIBRO ASSASSINI IN PILLOLE DI PIETRO BISANTI 

Sembra strano ma a volte è possibile trovare le soluzioni ai nostri più angoscianti problemi proprio dove non ce lo aspetteremmo mai; da qualche tempo ho scovato sul web il blog di una persona fantastica, non è certo l'unica è chiaro, ma ritengo si tratti di un grande uomo che pur rivestendo una funzione pubblica si propone di aiutare tutti coloro che hanno problemi con gli psicofarmaci o comunque di natura psichiatrica in maniera del tutto gratuita fornendo validissimi consigli per sopperire a tali problematiche in maniera del tutto naturale!
Si chiama Pietro Bisanti è un carabiniere e non lo nasconde e chi avesse bisogno di un suo parere lo può contattare liberamente alla sua casella di posta elettronica sicuri di ricevere una risposta di spiccata professionalità.

Il suo blog ALIMENTAZIONE E SALUTE è colmo di materiale attinente all'argomento e, non da poco, c'è una sezione forum per scambiarsi le esperienze ed i consigli.
Insomma un ragazzo in gamba, che espleta questa attività paragonabile ad un vero e proprio lavoro in aggiunta a quello ufficiale, un enzima del cambiamento che auspichiamo da tempo inoltre da pochi giorni a terminato la scrittura del suo primo libro "Assassini in pillole: la psichiatria moderna vista con gli occhi di un carabiniere"prenotabile solo tramite richiesta diretta all'autore.

mercoledì 3 febbraio 2016

Prima ci si cura .. prima si guarisce



Quali sono i sintomi?
  • Tristezza. La tristezza è sicuramente il sintomo più comune di depressione post-partum.

  • I pazienti si sentono di umore depresso, infelice e miserabile per la maggior parte del tempo. Questi sintomi possono peggiorare in un determinato momento della giornata, come la mattina o il pomeriggio. I pazienti vivono giorni in cui i momenti belli si alternano a momenti brutti. A volte, ai pazienti la vita non sembra degna di essere vissuta, proprio in un momento in cui dovrebbe essere molto felici.
  • Irritabilità. L’irritabilità spesso accompagna la sensazione di tristezza. Il paziente può essere irritabile con gli altri suoi figli e talvolta anche con il neonato, anche se la maggior parte del tempo la donna è nervosa con il marito che di solito non capisce cosa sta succedendo.
  • Fatica. Tutte le neo mamme si sentono un po’ stravolte e stanche, ma la madre con la depressione post-partum si sente così esausta da giungere a pensare di avere una malattia fisica.
  • Insonnia. Le donne affette da depressione da parto pre e post possono avere difficoltà a dormire, o se si dorme, si possono svegliare troppo presto, anche se il loto partner si prende cura del bambino durante la notte.

  • Perdita di appetito. Le madri depresse spesso non hanno il tempo o la voglia di mangiare il che contribuisce a renderle irritabili ed esauste. Alcune madri depresse mangiano troppo per alleviare la loro sofferenza psicologica per poi sentirsi in colpa e arrabbiate per il loro aumento di peso.

  • La mancanza di desiderio sessuale. Quello che prima era un piacere ora è ciò che non si vuole o non interessa, diventando noioso. Ciò è particolarmente vero per quanto riguarda il sesso. Alcune donne ritrovano interesse per il sesso (se a un certo punto lo hanno perso) entro 6 settimane dal parto, ma le madri con depressione post-partum spesso rifiutano ogni contatto sessuale, il che può mettere a dura prova la coppia.
  • Disorientamento. Le madri con depressione pre e  post-partum hanno la sensazione di non avere tempo per niente, di non fare niente bene e di non poterci fare niente. Questi pazienti trovano davvero difficile stabilire nuove routine per far fronte alle esigenze del bambino e alla nuova vita.

  • Ansia. Di solito è acuta e può verificarsi sotto forma di paura di rimanere soli con il bambino per timore che questo possa gridare, non mangiare, soffocare, cadere o farsi male in qualche modo. Alcune madri depresse percepiscono il loro bambino come un oggetto. Invece di dare tutto il loro amore la creatura a cui hanno dato vita si sentono lontane dal loro figlio, che considerano un essere misterioso e strano, i cui pensieri sono insondabili e le cui esigenze e emozioni devono essere soddisfatte in qualche modo. Tuttavia, l’amore arriva alla fine, quando il bambino è più grande e può meglio interagire.

La depressione  può svilupparsi anche quando l’amore per il neonato è intenso. In questi casi, la madre teme disperatamente di perdere il suo bambino poiché pensa di non essere in grado di prendersene cura, che non cresca correttamente, che possa avere una infezione o morire improvvisamente. Un semplice raffreddore può causare grande preoccupazione. La madre può diventare ossessionata dal peso del bambino, avere paura se piange troppo o se sta molto tempo in silenzio, arrivando a pensare: ha smesso di respirare? Spesso il paziente desidera essere costantemente rassicurato dal suo partner, dalla famiglia, dal suo medico, o da chiunque altro

Sembra probabile che la depressione post partum possa essere connessa con il cambiamento ormonale che colpisce la donna durante e dopo il parto, ma ancora nessuna prova scientifica di questo esiste.
Le donne colpite da depressione non fanno del male ai loro bambini, anzi sono preoccupate dell’eventualità di poterli danneggiare.
Le madri che feriscono o uccidono i loro bambini hanno disturbi ben più gravi, come la psicosi puerperale, che colpisce una donna su 500.
La prima cosa da fare è quella di diagnosticare la depressione e riconoscerla. Molte madri non sono consapevoli di avere una malattia e si vergognano a chiedere aiuto o ammettere il loro malessere.  Medici, infermieri e assistenti sociali molto spesso sono addestrati a riconoscere la depressione e fornire aiuto e cure.
Negli ultimi tempi vi è una maggiore conoscenza della malattia e dei sintomi della stessa. Bisogna spiegare alla madre ciò che le sta accadendo, fornirle appoggio e aiuto e soprattutto farle capire che è comune nelle donne attraversare questo periodo dopo la nascita del figlio e che con le cure apposite il problema è facilmente risolvibile.
Bisogna avvertire il paziente che il trattamento richiederà abbastanza tempo ed è necessario coinvolgere la famiglia della donna, in modo che possa capire cosa sta succedendo in modo tale da starle vicino, soprattutto il partner. La disponibilità di un parente, amico, professionista con cui parlare, a cui raccontare le proprie emozioni e paure senza essere giudicati, può essere importante e utile per le madri depresse.
Trattamenti psicologici specializzati sono un grande aiuto e possono essere richiesti dal medico curante. I medici di famiglia non sempre prescrivono farmaci per curare la depressione, quando ciò diventa necessario vengono prescritti alcuni farmaci antidepressivi che non inducono dipendenza.
Molte donne preferiscono la terapia ormonale piuttosto che gli antidepressivi, perché appare loro più naturale. Tuttavia la sua efficacia appare discutibile e con diversi effetti collaterali. Supposte di progesterone e cerotti di estrogeni sembrano funzionare, anche se occorre dimostrare se si tratta di cure effettivamente efficaci o di effetto placebo.
La maggior parte delle donne guarisce dalla depressione post partum dopo mesi o anni, il che rende la maternità una brutta esperienza e può danneggiare il rapporto di coppia. Quindi la cosa migliore è riconoscere subito la malattia e fare di tutto per guarirne il più presto possibile.
Una volta nato il bambino, per poter stare bene e affrontare al meglio il momento nuovo e bello che si vive, occorre cogliere ogni occasione per riposare, mangiare in modo corretto, trovare il tempo da dedicare al vostro partner, uscire e vedere gli amici, vivere l’intimità con il proprio partner.
Non abbiate paura di chiedere aiuto quando necessario, la depressione post partum si cura e si guarisce, in modo tale da vivere al massimo la più bella esperienza che la vita da alla donna: quella di essere mamma!

Mamme al lavoro: 7 consigli anti-senso di colpa

I consigli della psicologa per tornare in ufficio in tutta serenità



Mamma al lavoro fa rima con.... senso di colpa. Se anche tu ti struggi dal "dolore" quando chiudi la porta di casa e lasci il tuo pupo con nonno/babysitter o lo accompagni al nido, questo articolo è perfetto per te. Liberarsi dei sensi di colpa e rendere il ritorno al lavoro meno traumatico è possibile! E fa bene a te, a lui/lei e... al vostro futuro di mamma e figlio/a. Ecco alcuni consigli tratti dal libro Mamme No Panic della Dott.ssa Francesca Santarelli e Giuliana Arena, edito da Sperling & Kupfer:
7 CONSIGLI ANTI-SENSO DI COLPA
                                                       
1 Dare alle cose la giusta priorità
Prima di rientrare al lavoro è bene fare un’analisi di cosa vogliamo fare e di quali sono le nostre esigenze, cercando di dare alle cose la giusta priorità. Una volta chiarito cosa si vuole fare, come farlo e quanto tempo si ha a disposizione, saremo pronte a conciliare i nostri impegni nel modo migliore.
2 Non essere severe con se stesse
Uno dei sentimenti più frequenti legati al lavoro post maternità è la sensazione di non riuscire a gestire la nuova situazione con conseguenti pensieri negativi. Bisogna però saper accettare che non si può fare tutto e cercare di non essere troppo severe
con se stesse guardando la situazione con lucidità. Ad esempio, può capitare che i bambini alla sera siano più agitati del solito, quindi se si rientra dal lavoro e il bambino piange o è inquieto non bisogna prenderla sul personale.                                               
3 Scegliere con cura a chi affidare il bambino
Molti dei sensi di colpa delle donne nascono dall’idea di affidare il proprio figlio a qualcun altro, specie se è molto piccolo. Bisogna però considerare che non c’è un momento ideale per rientrare al lavoro, si tratta di qualcosa di molto soggettiva'. L’importante è ricordarsi che i bambini si adattano molto e che fino a un anno e mezzo hanno bisogno di una figura di riferimento costante. Fino a quest’età sarebbe per questo motivo meglio affidarli a una tata di fiducia o a nonni, per poi passare al nido.
4 Creare una routine
Un altro passo importante per gestire al meglio la situazione è creare una routine fatta di coccole e di attenzioni.  Al rientro dal lavoro per almeno 15-20 minuti è importante dedicarsi al bambino con coccole e attenzioni senza altri impegni e distrazioni.
           
5 Imparare a comunicare
Nel momento in cui si riprende a lavorare decidendo di lasciare il piccolo con i nonni o con una tata è bene, poi, imparare a comunicare in maniera più assertiva. Ossia spiegare all’altro ciò che si desidera venga fatto ma cercando di mediare anche con il su
punto di vista. Lo stesso vale per il datore di lavoro “con il quale occorre comunicare e trovare un accordo in vista delle nuove esigenze.
6 Accettare l’aiuto degli altri
Un altro step importante che può contribuire a un rientro soft è accettare l’aiuto degli altri. Partendo dal presupposto che poter contare su persone che ci stanno vicine e che ci danno una mano può rivelarsi molto utile. Ad esempio, avere un marito/compagno collaborativo è fondamentale, sempre ricordando che se sbaglierà qualcosa non sarà una tragedia.
7 Mantenere un’attitudine positiva
Per gestire al meglio il rientro sul lavoro è bene darsi del tempo. Accettare che si andrà incontro a un momento di assestamento e che magari si farà fatica a essere concentrate come prima. L’importante è quindi darsi dei piccoli obiettivi quotidiani, mantenendo un’attitudine positiva e vivendo il lavoro come uno spazio tutto per sé. Senza dimenticare che si è mamme ma anche donne e che tutti abbiamo bisogno di coltivare anche altre parti della nostra vita.


lunedì 1 febbraio 2016

LE FUSA DEI GATTI SONO TERAPEUTICHE PER IL PROPRIO PADRONE


Nuovi studi hanno dimostrato che le fusa dei gatti effettivamente agiscono come un apparecchio terapeutico, non solo per la rigenerazione del corpo,

ma anche per fortificare il loro sistema immunitario. Le fusa hanno la capacità di accelerare notevolmente il recupero di organi e ossa, aumentando notevolmente il processo di guarigione. 

Queste conclusioni indicano che la teoria che i gatti fanno le fusa solo quando sono felici o per affetto, sarebbe solo una nostra credenza. Un altro motivo potrebbe essere il fatto che alcuni gatti fanno le fusa anche in altre circostanze meno piacevoli, come ad esempio quando sono feriti, spaventati, oppure durante il parto. Questo suggerisce che il ronzio avrebbe certamente un ruolo evolutivo come una sorta di meccanismo di sopravvivenza. Molti gatti in tempi antichi, sono stati adorati e divinizzati per la loro capacità miracolosa di resistere a cadute da altezze molto elevate. Eventi regolari come questi, probabilmente hanno ispirato la frase: ” I gatti hanno sette vite”, che tutti noi conosciamo.

In che modo i gatti hanno influenzato la storia?
Attraverso ulteriori indagini ed analisi, possiamo supporre che molte società del passato hanno applicato lo stesso “uso di guarigione” di vibrazione, proprio come fanno i nostri amici felini. E ‘molto probabile che le tecniche di terapia del suono siano simili a quelle che usano i gatti per curarsi e che erano state adottate dagli Egizi per uso medico. Insomma il popolo egiziano si curava con le fusa dei piccoli felini!

Il sistro, era uno strumento a percussione sacro in Egitto. (Forse originario proprio nel culto della Dea gatto Bastet). Le sacerdotesse egiziane ritualmente utilizzavano questo strumento, che è in grado di generare grandi quantità di ultrasuoni. L’ecografia, che usa gli ultrasuoni è una modalità di diagnosi efficace, ed è oggi utilizzata negli ospedali e nelle cliniche. Alcuni livelli di ultrasuoni sono anche noti per il trattamento di disturbi gravi, come la fibrosi cistica, e varie forme di cancro. Ciò significa che è possibile che le cerimonie in cui è stato utilizzato un notevole numero di sistri, questi non sono stati solo utilizzati per migliorare l’atmosfera musicale, ma erano probabilmente destinati soprattutto ad amplificare l’effetto curativo.


Come possiamo usare questa conoscenza?
Questo tipo di medicina alternativa è utile per rammendare, ristrutturare, e riallineare i nostri sistemi vitali. Sia tecnologicamente che biologicamente, questi studi attestano il futuro della terapia musicale come una procedura sanitaria moderna applicabile. 
Questi trattamenti possiedono le qualità di un massaggio energetico: che allevia il dolore e ripristina la guarigione del corpo.

Questo può anche essere uno dei motivi per cui le tecniche specifiche che comportano mantra parlati sono state insegnate nella pratica della meditazione. La parola “mantra”, è in realtà una parola sanscrita, che si traduce con precisione con la frase:

“Un mantra è una potente vibrazione sonora, molto simile a quella di un sistro, o ancora di più come le fusa di un gatto e le sue straordinarie qualità nascoste” . 

Questo suggerisce, inoltre, che sarebbe più vantaggioso sperimentare con differenti espressioni meditative, al fine di aumentare la nostra comprensione di come ciascuno di queste vibrazioni potrebbero ringiovanire e rafforzare il nostro corpo.

Una scoperta che ci fa comprendere come i nostri piccoli amici felini abbiano delle qualità davvero straordinarie! 

Fonte:http://blog.saltoquantico.org/fusa-dei-gatti/

Depressione in gravidanza e nel post-partum: come curarala con la psicoterapia

Il periodo della gravidanza e il post-partum sono momenti in cui la donna è molto vulnerabile e può essere più soggetta a problemi di depressione.
nei giorni immediatamente successivi spesso donne sperimentano un leggero stato depressivo denominato "baby blues", in quanto caratterizzato da un velo di malinconia. È una reazione piuttosto comune che tende a svanire in pochi giorni ed è caratterizzata da crisi di pianto senza motivi apparenti, irritabilità, inquietudine  e ansietà.
Nella depressione post-partum invece i sintomi possono durare anche per un anno e sono rappresentati da:
  • Umore depresso
  • Mancanza di piacere ed interesse nelle abituali attività
  • Disturbi del sonno e/o dell'appetito
  • Iperattività motoria o letargia
  • Faticabilità o mancanza di energia
  • Sensi di colpa, bassa autostima, sentimenti di impotenza e disvalore
  • Ridotta capacità di pensare o concentrarsi
  • Pensieri ricorrenti di morte.
  • Irritabilità
  • Labilità emotiva
  • Ansia e preoccupazioni
  • Alterazioni dell'appetito
Oltre a questi sintomi si rilevano anche disturbi nella relazione madre-bambino quali considerare il bambino come un peso, non riuscire a provare emozioni nei confronti del bambino, avere pensieri di avversione verso il bambino e la paura di restare sola con lui, pensare di essere madri e mogli incapaci, non riuscire a concentrarsi nelle cose quotidiane, che hanno a che fare con l'interazione madre-bambino.
Alcune semplici domande inoltre possono aiutarci a comprendere meglio lo stato umorale della neomamma:
Riesce a dormire quando il bambino dorme?.
Mangia con gusto e appetito, oppure svogliatamente? Oppure tende a mangiare tanto, ma senza piacere?
Esce volentieri di casa o preferisce evitare di uscire?
Le fa piacere prendersi cura di se stessa o non gliene importa niente?
Le sembra che il bambino sia un carico troppo pesante per lei?
È importante ricordare che una depressione post-partum non curata tende a cronicizzare, diminuendo nella madre depressa la capacità di prendersi cura del neonato in modo adeguato e di sviluppare un'armonica relazione con il proprio figlio.

Le cause di insorgenza sono molteplici e coinvolgono fattori di diversa natura:
Biologici come la diminuzione di estrogeni e progesterone
Fisici come la stanchezza e lo stress indotti dai nuovi ritmi imposti dal bambino che comportano alterazioni dei ritmi sonno –veglia.
Psicologici quali una personalità caratterizzata dalla bassa autostima o tendente al perfezionismo;
Sociali come la giovane età, l'inesperienza e la scarsità di aiuto e sostegno;
Cognitivi, come il nutrire aspettative irrealistiche sull'essere madre o su bambino.

MAMME SENZA DEPRESSIONE: COSA DICONO LE MAMME

Le parole e i volti delle mamme


In questi anni di lavoro molte donne , mamme e famiglie sono state intervistate e valutate dal gruppo di operatori dedicato nell’ambito del progetto Mamme senza depressione della Ulss 15, ed è stata evidente a tutti gli operatori coinvolti l’importanza, per queste persone, di un ascolto empatico e non giudicante, e non solo professionalmente qualificato.
Gli operatori che si vogliono occupare di perinatalità devono principalmente fare i conti con i propri, personali giudizi e pregiudizi con la concezione di essere madri, di essere genitori, di essere famiglia. Per questo riteniamo che la formazione in questo delicato campo debba iniziare da un percorso personale e di messa in discussione dei falsi miti intorno alla maternità.
La competenza professionale è requisito indispensabile, considerata la complessità e delicatezza dei temi che si affrontano con queste mamme e famiglie, ma ciò che determina la possibilità di “guarire” non solo in termini clinici ma esistenziali e di arrivare ad una elaborazione e trasformazione di vissuti di profonda inadeguatezza e colpa, è sicuramente favorita dall’incontro con professionisti che sanno mettersi al posto e nei panni di.., facendo sentire che certe esperienze, per quanto drammatiche e al limite, possono rientrare nell’ambito dell’esperire umano e possono essere condivise e quindi comprese.
Questa modalità di lavoro e pensiero  permette ad operatori e utenti di sentirsi nella “stessa barca” e di poter navigare in acque, a volte oscure e minacciose, certi però di una meta comune da raggiungere dotati di strumentazioni opportune e adeguate.
Nelle interviste, che la Tv7 Gold ha effettuato e messo in onda, di due mamme che hanno attraversato “il tunnel”, tutto questo viene espresso chiaramente.
Di certo, solo un percorso che abbia potuto sconfiggere prima di tutto lo stigma della maternità “felice a tutti costi”, e quindi reso nuovamente libere e padrone della propria individualità e libertà, ha permesso loro di esporsi ed esporre i loro vissuti più intimi, mettendoli a disposizione di altre donne che ancora questa fase non hanno raggiunto o che si dibattono nel dubbio di chiedere aiuto .
A queste mamme non possiamo che dire un grande “Grazie..!”  a nome di tutte le donne, mamme e famiglie.
Collegatevi al link sottostante e vedrete le testimonianze: